La faccia colma dell'aspro.
Slacci di paure,
sono fatte di vento le mie ali,
nelle vele della notte ondeggio e giro il cuscino
e non c'è onda che si appoggi e svegli
le foci del cuscino.
Son pochi i sensi nel soffio
di un soffiar coraggio al timore d'un pensiero,
ne sono sprovvista,
non ho un fiume di parole
e non ho la riva di una rima
che trabocchi una frase nel vaso
che m'aspetti per un fiore
con negli occhi un tetto desto di sole,
ma rendo ancora,
sono e coll'umore desolata ormai molto coatta,
ma si è vita,
colorato anche di polvere un pò prima di dormire,
ti guarda e guida nel lungo l'intonacare d'agonie,
poi sbalzi in un colpo senz'avviso con gli occhi fragili di tosse,
mentre nel buio s'accende la viscida domanda
che cerca di caderti addosso domattina da vera,
poi ti chiede e t'osserva col travagliare dei sogni
e lì si ferma, avvisa e vede il tuo viso intrigarsi ,
lì ti svende e ti peggiora
vendendoti il pane di vita duro,
come le prime parole, di suono armonico,
in voce opaca, nel chiarire poca morbidezza di toste delicate pazzie.
Lì, una donna che ama,
è fine se è vedova nel cuore,
lo è anche di stanze,
ma che è pur sempre famiglia
ed è misera d'odio,
ma col cuore rosso di una timida e dolce guancia tinta di mamma,
lei che rende alla vita,
vivendo e non si priva l'anima d'amore,
per la colma faccia dell'aspra gente
e della sua violata sentinella di vergogna.